“IN KOSOVO NON C’È UN CONFLITTO RELIGIOSO”

cosi Kirsten Joppe, Chief, Security Monitoring Section, OSCE Mission in Kosovo

A Roma il meeting internazionale sull’intolleranza verso i cristiani

Roma, 12 sett 18:11 – (BeLoveRevolution) – Si è svolto a Roma nella giornata odierna il convegno “Preventing and Responding to Hate Incidents and Crimes agains Christians” promosso da ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights),  dipartimento specifico dell’OSCE.

Durante i tre panel previsti si è rivalutata la dimensione spirituale della persona come elemento che può contribuire alla pace e per cui diventa prioritario realizzare le condizioni necessarie affinché venga meno qualsiasi clima d’intolleranza, che possa poi sfociare in violenza.

Si è inoltre evidenziato come manchi una vera statistica – e quindi dati – sui cosiddetti “hate crimes”, i crimini mossi da pregiudizio o intolleranza; e come, in alcuni casi, la legislazione sembra essere usata come deterrente religioso più che come strumento di rispetto (Piotr Mazurkiewwicz,  segretario della Commissione della Conferenza dei Vescovi dell’Unione Europea).

Nel merito specifico del Kosovo, l’Ambasciatore Lamberto Zannier, Segretario Generale dell’OSCE, ha rammentato le sue esperienze dirette nel campo dell’intolleranza, in particolare contro i monasteri ortodossi.

Kirsten Joppe, OSCE mission in Kosovo, ha ribadito la natura etnica, e non religiosa, del conflitto. Delle 140 chiese, monasteri e luoghi sacri distrutti dal il 1999 e il 2004 (la maggior parte dei quali precedenti al XV secolo) non sono inquadrabili come “hate crimes”. Molti sono stati causati da motivi economici, ma per la maggior parte la motivazione rimane ignota perché il colpevole non è mai stato catturato.  La Joppe conferma il trend in decrescita degli episodi di violenza ma “non dobbiamo dimenticare il peso, tremendo, che anche un singolo episodio può avere sulla comunità”, riferendosi in particolare a episodi di esumazione di cadaveri, profanazione di cimiteri e chiese, ecc. Ha inoltre annunciata una pubblicazione a novembre, a cura del’OSCE, sulla profanazione dei cimiteri nella regione.

Nel panorama delle testimonianze, talvolta ridicole e insignificanti, si è elevato su tutte per serietà, profondità e gravità l’intervento del Patriarca Jovan di Pec, che ha confermato la quotidiana situazione di intolleranza e di vero pericolo a cui sono costretti  i monaci ortodossi in Kosovo; si è dichiarato altresì sorpreso di come nessuno dei colpevoli della distruzione di 140 chiese sia mai stato trovato e assicurato alla giustizia. Ha altresì sottolineato come la situazione non sia affatto normalizzata o pacificata e che, in occasione della sua elezione nello scorso agosto, un’intera brigata della Kfor, vari reparti speciali e di polizia, si sono dovuti impegnare per garantire la sicurezza della cerimonia, dei luoghi e dei pellegrini.

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