UN OSPITE SPECIALE: PETER HANDKE A VELIKA HOCA

Riva del Garda, 1° settembre 2014 14:30 – (BeLoveRevolution) – «State facendo un lavoro bellissimo». Emozionati, con questa frase nelle orecchie e con una carezza sulla guancia ci siamo accomiatatati da Peter Handke in una calda mattinata d’agosto di qualche giorno fa. Ci è venuto a trovare, con nostra grande sorpresa e felicità, durante GiocaHoča 2014 e l’installazione dell’impianto fotovoltaico (leggi qui) alla scuola dell’enclave. Non una semplice visita inaspettata ma un grande regalo e l’onore di aver conosciuto, oltre che l’autore, un uomo di grande cuore e umanità.

 

Intervista al Messaggero Veneto, 5 gennaio 2010

Peter Handke e i perdenti: li racconto perché solo loro sognano un futuro migliore

di DANILO DE MARCO

In un suo bellissimo poema, il Canto della durata, Peter Handke (scrittore e drammaturgo austriaco nato a Griffen nel 1942) parla della durata come qualcosa di più e di diverso di un ricordo. I semplici fatti della realtà trovano così le parole che la trascendono e la fissano, in cui non solo la narrazione, ma il mondo stesso si fa poesia. È un po’ l’atmosfera che si respira in questo lungo racconto e in queste fotografie (una delle quali, quella con il Cid, scattata in Friuli) di Danilo De Marco che propone ai nostri lettori un ritratto unico e inedito di Handke, a Parigi, in una casa vicina a un bosco che assomiglia a un labirinto di Pan. È un lento attraversare immagini ritrovate, questo avvicinamento verso la casa di Peter Handke a Chaville, nei dintorni di Parigi. Mezz’ora di RER, la grande metropolitana che raggiunge anche la profonda banlieue parigina, ed eccomi sbarcato in uno slargo zeppo di auto in sosta e minime presenze umane. Pochi passi: il sottopasso stradale del treno a destra dove ci si infila; appena oltre, subito a sinistra, Le Berry, piccolo bar anni ’50, in cui si intuisce la perdita di un juke-box. Sugli scaffali mezzi vuoti poche bottiglie con alcuni bicchieri e accanto, sovrapposto alla fotografia di Rabah, l’anziano proprietario algerino, un ritratto di George Brassens.

[…] È il mondo di Peter Handke, il grande scrittore della durata. Ma anche scrittore di una letteratura di responsabilità civile, e per questo vilipeso e schernito dalla stampa occidentale «opera – la sua – miope e manichea», atto «provocatorio irresponsabile e terroristico» a proposito del conflitto jugoslavo. Con gli occhi e la sensibilità del poeta che può leggere l’essenza di una tragedia vedendo più lontano e prima degli altri, si è fatto voce fuori dal «coro uniforme di inviati speciali o politici stranieri in visita – dice – prima durante la guerra dei Balcani e ora in Kosovo».

Con le sue forze Peter Handke ha attraversato, camminando, quelle terre. Si è smarrito tra quelle genti; come un vagabondo solitario che si mette in cammino per imparare, per diventare altro. E infine ha messo la sua scrittura al servizio di tutti quelli a cui la parola era stata negata da, come Handke la definisce, «un’Europa senza anima».

«Con il popolo serbo» ribadisce con forza: tanto da donare un premio di 50.000 euro ai bambini della minuscola enclave serba di Velika Hoca, a 80 chilometri a sud di Pristina: «Questa gente è stata la mia ispirazione per l’ultimo libro intitolato I cuculi di Velika Hoca. È una popolazione che ha subìto e sta subendo ogni genere di sopruso e violenza dai nuovi despoti della regione. Se non reagissi a quest’ ingiustizia fatta a un popolo e di cui anch’io mi sento responsabile, non potrei considerarmi uno scrittore. Mi sento in dovere di raccontare… i perdenti, perché solo i perdenti sognano un futuro migliore: i vincitori non sognano più».

[continua sul sito del Messaggero Veneto]

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